È indiscutibile che i 3 mesi appena trascorsi non siano stati semplici. A conferma di ciò sono i dati rilevanti non solo delle conseguenze dirette della pandemia dal punto di vista medico/sanitario ed economico/finanziario, ma anche di un silenzioso rischio che spesso viene sottovalutato, che a lungo andare può creare disagi e inefficienze con conseguenze nel lungo termine: lo stress.
L’OMS ha registrato un aumento esponenziale delle patologie psichiatriche negli ultimi 3 mesi e il servizio di numero verde attivato per il supporto psicologico durante il lock-down ha rilevato più di 50.000 telefonate  (Ministero della Salute). Inoltre un sondaggio realizzato da EasyHunters su più di 13.000 persone ha rilevato che più della metà si dichiarano non pronte a ritornare in ufficio. Le recenti analisi effettuate hanno rilevato all’interno dei contesti lavorativi nuovi eventi sentinella per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, al rientro in ufficio dei dipendenti: maggiore conflittualità tra colleghi o nei confronti dell’utenza, mancato rispetto dei protocolli anti COVID-19, aumento dell’assenteismo, demotivazione del personale.

Perchè si può parlare di stress post-lockdown

Lo stress è la risposta di un organismo vivente ad un cambiamento dell’ambiente (interno o esterno) caratterizzato dal manifestarsi di eventi nuovi detti stressanti o stressor. L’organismo reagisce con una serie di modifiche psicofisiche volte ad attivare tutte le risorse energetiche necessarie per modificare l’ambiente o se stessi e tornare ad ottenere l’equilibrio. Quando le risorse necessarie per tale scopo non sono sufficienti, lo stress inizia a  provocare stati di malessere in quanto non è possibile adattarsi al cambiamento e l’organismo va in debito di energie fisiche e di conseguenza psicologiche. Da qui nasce l’idea di stress inteso come una manifestazione di sintomi psicologici e comportamentali che provocano inefficienza e arrecano disagio alla vita di una persona in ogni suo ambito.

Quello di recente vissuto e che tutt’ora stiamo sperimentando non è altro che un cambiamento epocale di cui siamo stati i protagonisti, fatto di tanti piccoli e grandi cambiamenti del nostro modo di vivere, di pensare, di conoscerci, di comunicare, di lavorare, di studiare, di innamorarci e di dire addio ai nostri cari. Il nostro organismo è dunque stato bombardato improvvisamente da migliaia di cambiamenti.

Risorse sufficienti o meno, l’adattamento al cambiamento richiede tempo, e a caratterizzare la pandemia è stata proprio l’impossibilità di avere tempo a disposizione.

Nel giro di poche ore ci siamo ritrovati chiusi dentro per difenderci da un pericolo oggettivo e tutta la nostra vita è stata stravolta e con essa il nostro modo di relazionarci al mondo esterno. Durante una recente formazione tenuta da remoto sulla Rivalutazione del rischio stress lavoro-correlato post Covid-19, il dott. Giuseppe Ferrari, psicanalista e presidente della SIPISS (Società di Psicoterapia Integrata) di Milano, ha sostenuto che abbiamo appena iniziato a vedere le conseguenze dello stress e che queste perdureranno e si amplificheranno nei prossimi mesi. Il quadro dunque si presenta più complesso di quello che immaginavamo, se sommiamo quanto appena detto alle difficoltà già preannunciate in ambito economico.
Tuttavia iniziare fin da ora a lavorare allo scopo di supportare, contenere e prevenire il manifestarsi delle numerose fragilità associate allo stress a cui siamo stati sottoposti può concretamente apportare dei vantaggi nei prossimi mesi.

Gli effetti dello stress post lockdown nelle aziende

Le aziende, dalle PMI alle grandi multinazionali, hanno un elemento in comune, essere quel che sono grazie alle persone che ci lavorano. Investire sul benessere e sulla tutela psicologica del proprio personale diventa a questo punto di fondamentale importanza, non solo perché da alcuni anni a  questa parte la valutazione del rischio stress lavoro-correlato è un obbligo di legge, ma in quanto il benessere del personale interno alle aziende è  il fattore principe affinchè la nostra azienda funzioni come deve. Il rischio stress lavoro correlato è inoltre, differentemente da altre categorie di rischi lavorativi, sempre presente indipendentemente dal fatturato aziendale, dal numero di dipendenti e dal settore di appartenenza. A maggior ragione a seguito di un cambiamento globale quale quello portato da una pandemia esso è reale e come tale deve essere affrontato, gestito, monitorato e deve portare alla messa in atto di misure preventive efficaci allo scopo di ridurre l’entità del potenziale danno e favorire il benessere delle persone nelle organizzazioni.

In un’azienda, collaboratori stressati sono collaboratori distratti, demotivati, aggressivi, che alimenteranno le voci di corridoio negative e i malumori collettivi, che non produrranno quanto un lavoratore felice; saranno collaboratori che manderanno spesso malattie, che lasceranno facilmente il proprio posto di lavoro, che arriveranno in ritardo e verso i quali i manager dovranno fare richiami, o che dovranno essere licenziati. Per non parlare poi alla quota di errore umano che si amplifica e ai rischi da ciò derivanti.

La soluzione a tutto ciò è dunque lavorare affinché i disagi attuali possano essere presi in mano e gestiti fin da subito.

Gli imprenditori, i manager e i rappresentanti dei lavoratori hanno una responsabilità non solo legale ma soprattutto morale nei confronti dei propri collaboratori e proprio per questo devono percepire e riconoscere l’esigenza di attivarsi in quest’ottica. Possono farlo da soli e possono usufruire del supporto specialistico di professionisti in grado di formare e informare i componenti dell’azienda su tematiche relative ai rischi stress lavoro-correlati e alle loro novità in ottica post-pandemia; possono lasciarsi affiancare nella valutazione dello stato di benessere organizzativo e quindi nell’analisi del clima aziendale e attuare quell’insieme di interventi volti a supportare i lavoratori e prevenire il manifestarsi di ulteriori disagi o fragilità che inficiano il buon rendimento del loro lavoro e, in un’ottica di più ampio respiro, la loro stessa qualità di vita.