Nessuna forma di masochismo: è innegabile che la maggior parte di noi aspirerebbe a una situazione economica e sociale migliore dell’attuale. Però forse è bene fare di necessità virtù e, quindi, rileggere il periodo che stiamo vivendo con un paio di occhiali colorati, che magari non guasta.
Quando incontriamo persone che non hanno mai affrontato difficoltà, che sono state protette, sostenute, aiutate, difese anche solo dalla possibilità di incontrare problemi, frustrazioni e doversela cavare, nella maggior parte dei casi, diffidiamo. Diffidiamo, forse anche a torto, della loro capacità di essere proattivi, intraprendenti, perseveranti e fiduciosi nelle proprie risorse e nella propria possibilità di cambiare le cose. Anche quando incontriamo persone che non hanno mai avuto nessun sostegno, che sono state sopraffatte loro malgrado da situazioni più grandi, che si sono arrese all’evidenza di non avere scampo pensiamo le stesse cose.
Quindi una riflessione: il contesto e le opportunità che questo offre modificano sia il nostro personale approccio alla vita e al “sentire” di potercela fare sia il nostro modo di interpretare e valutare gli atteggiamenti degli altri. Non so quanto “scientificamente” sia ben posta questa riflessione ma nell’ambito del quanto possiamo “tenere botta” (altro concetto poco scientifico) andrebbero valutati anche questi aspetti. Così come andrebbero valutati quando si immaginano interventi formativi o consulenziali in azienda e fuori.
Il contesto lavorativo ma anche sociale in generale deve quindi essere giustamente sfidante. Noi tutti dobbiamo percepire che non è facile ma che è possibile.
Che le opportunità non ti saltano addosso come nell’era dell’oro ma che nemmeno sono talmente poche e nascoste da riservarsi solo a chi ha i giusti agganci per scovarle. Insomma, dopo 10 ore in un bosco senza vedere un fungo, chi non si arrenderebbe all’evidenza che non è aria?
Il benessere e con esso la cieca convinzione che la precarietà del sistema non può toccarci perché sta da un’altra parte del mondo, lontana dalle nostre superpotenze, ci ha spinto forse ad approcciarci all’impegno e alle sfide con più mediocrità di quello che le nostre potenzialità e risorse ci avrebbero consentito di fare.
Ci ha convinti che ci fosse una linea tracciata, una via sicura e che bastasse seguirla, con poca fantasia. Ovviamente questo non vale per tutti e non vale sempre, ma spesso la tentazione di farci cullare da una situazione con poco fermento ci ha presi. In questi ultimi anni noi lavoratori, imprenditori o collaboratori, ci siamo dovuti per forza di cose mettere in discussione e ne abbiamo tratto in molto casi un bellissimo insegnamento: abbiamo margini di crescita e miglioramento e li avevamo messi in soffitta.
Adesso che finalmente abbiamo capito che il mondo è un’altra cosa da prima, adesso che ci stiamo abituando all’idea di non dare nulla per scontato, adesso che faticosamente cerchiamo di trovare una via di uscita senza continuare a sbattere contro le pareti del flipper, adesso possiamo decidere se cercare di mostrare le nostre individualità attenti al sistema comune in cui viviamo, oppure pensare che tanto non serve. Tutti apprezziamo chi ha saputo affrontare le difficoltà senza pensare che la sua posizione fosse più difficile di quella di altri, chi ha creduto nelle proprie idee e le ha portate avanti. Ciascuno di noi conosce persone di questo tipo che sono arrivate, che stanno arrivando o che continuano con dignità ogni giorno a sfidare il contesto.
Da qui si può partire, da un approccio partecipativo e dalla consapevolezza di avere un ruolo attivo.
Diventa così possibile partecipare alla creazione di una catena positiva che ci dia elementi per pensare che non è facile ma che è possibile.
Ogni attività qualitativa, proattiva e energica che realizziamo è l’origine di una nuova opportunità che qualcuno potrà cogliere e qualcun altro, pur non cogliendola, potrà vedere. Per continuare a pensare che da qualche altra parte un altro fungo c’è e proseguire fiduciosi la nostra personale ricerca.