Nella rassegna stampa di fine anno, il nostro Francesco aveva già fotografato come uno dei settori con i migliori risultati nel 2020 fosse quello sanitario e farmaceutico, in un trend positivo che viene confermato anche dai dati occupazionali contenuti nel rapporto annuale del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea di Bologna. Nel rapporto si legge come la quota di occupati tra i laureati di primo livello delle Professioni Sanitarie sia aumentata fino al 76,2%, dato che colloca, ancora una volta, le Professioni Sanitarie al primo posto per possibilità di occupazione fra i vari gruppi disciplinari all’interno del consorzio universitario.
Questo aumento non è dato solamente, come si potrebbe pensare, dalle maggiori richieste del sistema sanitario per affrontare la pandemia attualmente in corso, ma anche dai nuovi bisogni di salute della popolazione italiana, progressivamente sempre più anziana e con una percentuale di malati cronici in aumento.

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Pandemia o no, quindi, il settore sanitario si riconferma un punto cardine del mondo del lavoro italiano, ma non pensiamo che il cambiamento sia solo limitato alla percentuale di popolazione occupata in questo settore.

In questo ambito stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione tecnologica, a cui la pandemia ha dato una forte accelerazione spingendo ad un utilizzo sempre più massivo di tutti gli strumenti digitali e di comunicazione a distanza.

Stiamo assistendo al fenomeno della “Digital Health“, ovvero all’unione delle tecnologie digitali e genomiche con i campi della salute e dell’assistenza sanitaria, al fine di migliorare l’efficienza dell’erogazione delle cure e rendere i farmaci più personalizzati e precisi. Il fenomeno non è nuovo, ma la spinta alla digitalizzazione di questi ultimi anni ha permesso di raggiungere un “punto di arrivo irreversibile, probabilmente determinante nel cambiare il profilo di tutto quanto concorre a costruire quel sistema complesso che è l’universo salute nel nostro paese“, come leggiamo nella prefazione del volume “Sanità 2.0, Internet, telemedicina e intelligenza artificiale” dell’Alta scuola Spi Luciano Lama. Questo non solo cambierà significativamente le professioni sanitarie già esistenti, ma porterà alla nascita di nuovi ruoli che fanno dell’unione di competenze tecnologiche e medico-sanitarie il loro punto di forza.
Vediamone alcuni.

L’Ingegnere Clinico

Diverso dall’ingegnere biomedico per la sua maggiore presenza negli ospedali e nei contesti dove gli strumenti tecnologici vengono impiegati per terapie, diagnosi e operazioni, l’ingegnere clinico si configura come un ponte tra la cura del paziente e la tecnologia. Si occupa della manutenzione tecnica degli strumenti tecnologici impiegati all’interno degli ospedali, ma possiede una formazione più ampia che unisce alle competenze tecnologiche anche nozioni sanitarie e gestionali. Secondo la definizione dell’Associazione Italiana Ingegnere Clinici (AIIC), l’ingegnere clinico è un “professionista che partecipa alla cura della salute, garantendo un uso sicuro, appropriato ed economico delle tecnologie nei servizi sanitari”, con un occhio di riguardo alla spesa sanitaria e sempre al fianco dei professionisti del settore.

Il Patient Manager

Non chiamatelo medico generico. Il Patient Manager si configura come un professionista in grado di creare un percorso di cure a 360°, che unisce interventi medici, visite di controllo ambulatoriali e attività amministrative. In possesso di competenze medico-sanitarie per la cura del malato, quello che differenzia il Patient Manager sono le capacità relazionali, per stringere un rapporto con il paziente e la sua famiglia, e  manageriali, indispensabili per muoversi in autonomia attraverso la complicata burocrazia del sistema sanitario italiano.

Tecnico Sanitario per l’AI

Sebbene ancora non al massimo delle sue potenzialità, l’intelligenza artificiale si sta ritagliando uno spazio sempre più ampio in diverse professioni, anche non originariamente legate al digitale, e avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo futuro dell’assistenza sanitaria. In questi anni sono  allo studio nuovi modi per incorporare l’AI all’interno dei sistemi di diagnostica o come supporto ai chirurghi durante gli interventi. Per questo motivo, aumenterà progressivamente la richiesta di tecnici sanitari per l’AI, ovvero figure che uniscono conoscenze legate all’assistenza sanitaria ad un forte background tecnologico e informatico, capaci di intervenire sugli aspetti hardware e software dei sistemi di intelligenza artificiale.

Il Lifestyle Strategist

Smartwatch e sensori, sempre più diffusi negli ultimi anni, generano una grande quantità di dati legati alla nostra salute, importanti non solo per trarre conclusioni riguardo alla singola persona, ma anche per analizzare – e di conseguenza migliorare – lo stato di benessere dell’intera comunità. Proprio per questo sta nascendo la professione del Lifestyle Strategist, ovvero un esperto di wearables (dispositivi elettronici che si indossano al polso come, appunto, gli smartwatch) in possesso di competenze medico/infermieristiche, che supporterà il cliente nella scelta del miglior smartwatch in grado di rilevare i dati sanitari, nella loro analisi e nella costruzione di un percorso personale verso il  miglioramento della propria forma fisica e dello stato di salute complessivo.

Queste sono solo alcune delle nuove professioni che nei prossimi anni vedremo sempre più spesso all’interno di ospedali e strutture sanitarie. In generale, la presenza sempre più capillare di robot, strumenti per la telechirurgia o software di intelligenza artificiale, spingerà tutti i professionisti dell’ambito sanitario verso l’acquisizione di competenze legate alle nuove tecnologie e all’informatica. Inoltre, ospedali, poliambulatori e studi medici avranno sempre più bisogno di servizi di consulenza trasversali, dal digital marketing all’ICT, per poter rimanere al passo con lo sviluppo tecnologico in atto, pur mantenendo sempre al centro la relazione con il paziente, elemento imprescindibile di ogni relazione di cura.