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Project Manager

Sappiamo bene come il mercato del lavoro stia vivendo un momento di grande fermento, con molte aziende alla ricerca di professionisti qualificati. In queste situazioni, la “competizione” per attirare il candidato migliore può farsi anche ardua, in particolar modo quando si tratta di persone con esperienze e competenze consolidate in ambiti molto specifici.
Proprio per aiutare tutte le imprese che sono alla ricerca di professionisti con competenze in ambito tecnico, vi segnaliamo il Miglior Profilo di oggi, un Project Manager con consolidate esperienze nel settore dell’energia. Di seguito, il racconto del suo percorso professionale.
Scopri tutti gli altri Migliori Profili: sfoglia la nostra rubrica dedicata
Project Manager: pragmatismo, logica e teamwork per raggiungere l’obiettivo
Abbiamo incontrato questo professionista durante un percorso selettivo per una selezione di Project Manager per un’azienda del settore oil&gas.
Da subito abbiamo notato una persona in grado di trasmettere competenze, essere punto di riferimento per il contesto aziendale ma anche per le risorse coordinate.
Laureato in Ingegneria Meccanica nel 2015, il candidato inizia il suo percorso professionale in un’azienda di progettazione e costruzione di impianti di grandi dimensioni nel settore dell’energia, in cui ricopre inizialmente il ruolo di Commissioning Engineer. Nel tempo, la sua crescita professionale lo porta a diventare Commissioning Manager e a seguire progetti in Italia e all’estero.
Dopo una breve parentesi nell’ambito dell’Oil&Gas, ritorna nel settore degli impianti energetici come Project Manager Operation and Maintenance per un impianto estero, che lui stesso ha partecipato ad avviare. Qui gestisce i rapporti direttamente con il cliente finale proprietario dell’impianto, il budget di commessa, il procurement di parti di ricambio e i contratti con i subappaltatori per le attività di manutenzione, pianifica le fermate programmate in MS Project, elabora ed emette ordini d’acquisto in SAP, redige report di produzione dell’impianto, report mensili sulle dinamiche dell’impianto, report sulle manutenzioni fatte e funge da riferimento tecnico per la sua conoscenza approfondita dell’impianto. Riporta al Direttore Operativo e coordina un team di 18 persone nell’impianto, che lavorano su turni.
Dal punto di vista caratteriale, il professionista è una persona diretta e pragmatica, a cui piace prendere l’iniziativa e farsi carico di responsabilità.
Trova stimolante affrontare e risolvere problemi complessi, verso i quali si pone in modo logico e analitico. Ama perseguire obiettivi concreti e rimanere concentrato.
Il suo approccio al lavoro è rivolto all’obiettivo, verso cui indirizza risorse, energie e attività. Questo suo approccio si concilia inoltre con buone capacità di teamwork: sul lavoro infatti gli piace sentirsi parte dell’azienda e fare squadra.
Il candidato è  attualmente alla ricerca di una nuova realtà in quanto quella attuale presenta alcune complessità organizzative, legate alla nuova proprietà. Perciò in un’ottica futura cerca un’azienda che gli offra maggiore stabilità e possibilità di crescita professionale.
 
Stai cercando un professionista con queste competenze?
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Diario di un Recruiter [Puntata 18]

Per quanti ragazzi e ragazze SCR è stata una delle prime esperienze lavorative dopo il percorso di studi! Basta infatti dare un’occhiata sul sito alla pagina Tirocinio per vedere tutti i giovani che, grazie alle convenzioni con le Università, hanno svolto il tirocinio professionalizzante. Molti che oggi sono diventati Recruiter hanno seguito proprio questo percorso, decidendo poi di continuare nella strada delle risorse umane.
E proprio ripensando al periodo di tirocinio, noi Recruiter ci siamo chiesti: come siamo “sopravvissuti” al primo ingresso nel mondo del lavoro? O meglio, quali sono state le strategie più utili per muovere i primi passi in questo nuovo contesto e quali consigli daremmo ai futuri aspiranti Recruiter?
Ne è nata così una semiseria lista di atteggiamenti e competenze trasversali utili per affrontare il primo ingresso nel mondo del lavoro con lo spirito giusto (nell’ambito delle risorse umane o nella consulenza, ma non solo!) e per fare in modo che lo stage diventi la migliore esperienza formativa possibile.
Una lista utile sia a chi sta muovendo i primi passi nel mondo del lavoro o si appresta a farlo e ha mille domande – ” come mi presento in un nuovo contesto?”, “come affronto le inevitabili difficoltà?” “come mi preparo alle prime settimane di lavoro?” – ma non solo; anche a chi si trova dall’altra parte, ovvero chi decide di accogliere in azienda giovani tirocinanti alle prime armi, questo elenco fornisce una finestra aperta su un universo di aspettative, speranze e paure che spesso popolano le menti di tanti stagisti.
Ed ora ecco la nostra lista di consigli.
Consigli di sopravvivenza per giovani stagisti

Spirito di osservazione
È di importanza fondamentale leggere il contesto aziendale già durante la fase di colloquio e raccogliere indizi sull’aria che si respira in azienda e su tutte quelle regole “non dette”, per evitare di presentarsi il primo giorno in giacca e tailleur quando i tuoi colleghi vestono t-shirt e All-Star. L’atteggiamento giusto per indagare il contesto è quello del Tenente Colombo dell’omonima serie televisiva (evitare tuttavia di prendere spunto dal suo outfit).
Ottima memoria (e un blocco per appunti)
L’obiettivo è non avere mai bisogno di farsi ripetere due volte la stessa cosa, soprattutto riguardo ai nomi dei colleghi. Il discorso vale anche per le password del pc, le procedure per utilizzare il gestionale, la localizzazione delle scorte di carta igienica. Per questo è consigliabile allenare la memoria (e rispolverare il famosissimo metodo dei loci di Cicerone) e avere il buon vecchio taccuino alla mano per prendere appunti.
Proattività
Dopo anni di libri e teorie è finalmente giunto il momento di mettere le mani in pasta. Cogliere al balzo tutte le opportunità che il tirocinio offre è un ottimo modo di mettersi alla prova sotto diversi punti di vista e capire cosa ci piace fare e cosa proprio non fa per noi sul lavoro.
Approfondisci questo tema leggendo la riflessione “Anche io mi chiedo quale lavoro farò da grande”
Sana ironia
La figuraccia è sempre in agguato, specialmente all’interno di un ambiente completamente nuovo. Impossibile prevenirla, meglio riderci sopra.
Problem solving
Si è fulminata una lampadina? Il tirocinante perfetto ha un cacciavite nella borsa per svitare il lampadario e sostituire il pezzo. È inoltre in grado di risolvere problematiche legate a condizionatori malfunzionanti, fotocopiatrici inceppate e capsule incastrate nella macchinetta del caffè. O, per lo meno, riesce a recuperare il numero per chiamare l’assistenza.
Disciplina e autocontrollo

Non è indicato svuotare il porta caramelle riservato ai clienti. Ricordarsi di mantenere un certo controllo anche riguardo al numero di caffè gentilmente offerti dall’azienda.
Mantenimento dell’autostima
La capacità di fare la domanda giusta nel momento giusto alla persona giusta è un’ottima risorsa, ma si rivelerà utile anche la capacità di fare la domanda sbagliata alla persona sbagliata nel momento sbagliato senza perdere 10 punti di autostima.
Cooperazione e spirito di gruppo
Riuscire a trovare la giusta modalità per inserirsi all’interno di un gruppo di lavoro è un ottimo modo per apprendere più in fretta, sapere a chi chiedere aiuto in caso di necessità e coltivare le relazioni con i colleghi: uno per tutti, tutti per uno!
 
Questi sono solo alcuni consigli per vivere al meglio le prime esperienze lavorative di tirocinio o stage e fare in modo che siano esperienze piacevoli e formative da un punto di vista professionale ma anche personale.
Quali sono i consigli più utili che vi sono stati dati al vostro ingresso nel mondo del lavoro? O cosa direste ad una persona alla prima esperienza lavorativa? Scrivetecelo nei commenti!

Responsabile progetti di comunicazione

Nell’era del digitale e della comunicazione di massa, per le aziende è diventato ancora più importante curare la propria immagine online e offline in un’ottica strategica, che riesca a trasmettere i valori e i punti di forza dell’organizzazione ma che al contempo abbia ben chiari gli obiettivi e le risorse a disposizione e sappia utilizzarle al meglio.
In questo contesto, persone con una visione strategica e una focalizzazione verso l’obiettivo sono una preziosa risorsa e possono dare un contributo fondamentale alla crescita dell’azienda. Ecco perchè abbiamo ritenuto particolarmente interessante per le imprese la Communication Manager che vi presentiamo oggi, che abbiamo incontrato durante un percorso selettivo e di cui abbiamo sin da subito compreso il valore professionale e personale.
Di seguito il suo profilo.
Responsabile progetti di comunicazione: la visione strategica è la sua forza
Laurea Magistrale in Interpretariato e Traduzione, la candidata parla tre lingue (inglese, francese e spagnolo). Sebbene all’inizio della sua carriera abbia svolto ruoli da Sales Manager, si è in seguito concentrata e formata per diventare Communication Manager, ruolo che ha svolto per 20 anni all’interno di agenzie di comunicazione su progetti trasversali rivolti ad aziende, Associazioni e con Enti Istituzionali. Contemporaneamente, ha svolto anche l’attività di giornalista.
In questo ruolo si è occupata di seguire numerosi progetti,  fin dalla definizione delle strategie di comunicazione con i clienti, gestendone il budget e le risorse assegnate, coordinando la pubblicità online e offline ed organizzando eventi nazionali, congressi e conferenze stampa.
Persona affabile, ha uno stile paziente, calmo ed equilibrato, che mantiene anche in situazioni con un elevato livello di tensione.
I suoi punti di forza stanno nell’autocontrollo e nella capacità di non farsi influenzare dalla pressione esterna, avendo chiaro l’obiettivo di fondo.
Nella gestione delle sue attività, dunque, è determinata ma anche pratica, con una visione a lungo periodo e strategica. Le piace ed è portata verso l’organizzazione e la pianificazione.
Riteniamo che l’esperienza professionale così trasversale di questa professionista, svolta su progetti variegati sia in termini di contenuto sia in termini di interlocutori, possa essere molto utile per un’organizzazione e possa facilmente adattarsi ad un nuovo contesto lavorativo.
Questa è la professionista che stavi cercando?
Scrivici a info@scrconsulenza.it e ti metteremo in contatto con lei.

 
 

Responsabile Magazzino e Spedizioni

Il percorso selettivo è, a tutti gli effetti, una competizione dove alla fine viene scelto il candidato più in linea non solo con le competenze richieste, ma anche con le caratteristiche del contesto e del team interno all’azienda. Accade così che altri candidati di altissima qualità rimangano aperti a valutare nuove opportunità professionali e noi, nell’ottica di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, vogliamo proporre queste persone al nostro database, così che possano trovare il contesto più adatto a loro, dove esprimere a pieno le loro potenzialità.
È quello che vogliamo fare oggi, presentandovi un candidato che abbiamo incontrato in occasione della ricerca di un Responsabile ufficio spedizioni per una realtà romagnola del settore ortofrutta e che ci ha subito colpito per le sue competenze gestionali affiancate da spiccate capacità relazionali.
Responsabile Magazzino e Spedizioni: la perfetta unione di organizzazione e empatia
Laureato in Economia Aziendale, ha lavorato per oltre 10 anni come impiegato di magazzino e ordini per l’azienda ospedaliera di Bologna, gestendo un’importante e complessa mole di lavoro. Nel 2018 si trasferisce in Romagna dove ha l’opportunità di assumere il ruolo di Responsabile di magazzino in una piccola realtà metalmeccanica e di gestire la strutturazione del reparto, la ridefinizione dei processi e delle attività e il coordinamento delle risorse interne all’ufficio.
Il candidato si rivela un responsabile molto attento alle relazioni e anche molto operativo: una delle sue caratteristiche principali è la pazienza, la capacità di porre attenzione sia alle persone che alle attività che svolge.
Le prime le coltiva con l’ascolto e l’empatia, con la capacità di coinvolgere, motivare e avere a che fare con le persone senza entrare in conflitto o utilizzare modi autoritari. Rispetto al lavoro invece, ordine, capacità di analisi e di organizzazione sono i punti di forza che mette in campo nel raggiungimento dei propri obiettivi.
Possiede doti che lo rendono particolarmente adatte al “mettere ordine”, ad attuare cambiamenti, in un’ottica di buona qualità del lavoro. Prima fra tutti proprio la concentrazione che ci mette nello svolgere il proprio lavoro e l’apertura e la ricettività verso nuove idee e procedure.
E ciò che sta cercando è proprio questo: un contesto logistico, preferibilmente del settore alimentare, di cui conosce le dinamiche, nel quale poter portare le proprie capacità gestionali e organizzative, contribuire all’efficientamento dei processi e dedicarsi al coordinamento di un team di lavoro.
 
Questo candidato ti sembra adatto alla tua azienda e vorresti conoscerlo?
Scrivici a info@scrconsulenza.it e ti metteremo in contatto con lui.

 
 

Diario di un Recruiter [Puntata 17]

Quando sono entrata in SCR, circa tre anni e mezzo fa, il mondo del Recruiter aveva un altro colore, azzarderei con il rosa.
Fiorivano candidature in quantità, a volte addirittura avevi la possibilità di scegliere fra così  tanti professionisti, che non era  necessario “rinforzare”  con la ricerca attiva, andando a “cacciare” professionisti sui portali di ricerca e sui social professionali: ebbene sì, alle volte poteva essere sufficiente un accurato screening delle tante candidature!
Anche la presentazione dei migliori professionisti al cliente, la nostra “long list“, poteva contare fino a dodici, tredici profili, tutti molto motivati ed interessati all’opportunità.
In quanto Recruiter, ero piuttosto sicura che i candidati difficilmente si sarebbero ritirati durante l’iter di selezione, perché il mantra era:  “se si è candidato, è motivato”.
Tre anni fa, fare  la Recruiter era un po’ come fare un giro in mezzo a prati e scegliere il fiore giusto fra i tanti disponibili, non che fosse semplice, ma sicuramente avevi più possibilità e più elementi fissi su cui contare.
Ad esempio, sapevo che le tempistiche, a volte dilatate delle aziende, sarebbero state gestibili e non mi avrebbero messo in difficoltà; le candidature sarebbero arrivate puntuali; i professionisti sarebbero stati reperibili e facilmente gestibili in quanto interessati all’opportunità.
Tutto ciò aveva una ripercussione positiva sulla mia organizzazione delle attività che era chiara, definita, lineare.
Dal 2020 cambia lo scenario
O almeno, è cambiato per quelle figure molto richieste, con competenze specialistiche, aumentando il divario basato sull’ “occupabilità”.
Scopri quali sono i ruoli più ricercati, leggendo “Professioni che non conoscono crisi”
Ad oggi, fare il Recruiter per questi profili è un po’ come essere Indiana Jones in mezzo alla giungla. Un ruolo  che richiede sempre più velocità, intuito, senso del rischio, problem solving.

I sensi del Recruiter  non sono più 5 come gli esseri umani comuni, si sono moltiplicati, come il numero di imprevisti che si frappongono fra me e il mio obiettivo di chiusura della selezione.
Descriverei il mercato del lavoro attuale come accelerato ed imprevedibile.
Ogni mattina un Recruiter si sveglia e sa che dovrà correre più velocemente di un altro Recruiter, dal momento che (soprattutto le figure Junior), sono letteralmente “volatili”.
Oggi, dopo che ho ricevuto una candidatura, nel momento dell’intervista telefonica, devo cercare di cogliere tutti i possibili “segnali di motivazione incerta”. Non è più sufficiente chiedere “perché vuole cambiare lavoro?”, bisogna trovare un modo per indurre il candidato a dire la verità.
Quale verità? Vi starete chiedendo.
Che quel candidato lì, sì proprio lui che ti piace così tanto,  ha attivi altri 230 iter selettivi in contemporanea e ha minimo 16 offerte di lavoro da accettare entro ieri.
Ma il vero Recruiter non si dà per vinto e subito si rivolge al suo alleato, il Project Manager,  per sottolineare quanto sia importante approfondire bene la motivazione (sì, ancora) durante il primo step di colloquio approfondito. Così arriva il momento dell’entrata in scena del PM, colui il quale affronta il colloquio di selezione come si dovrebbe affrontare l’esame di maturità: con una preparazione da lode.
A questo punto inizia il colloquio.
Approfondisci come gestire al meglio un percorso selettivo, leggi “Selezione del personale: le insidie del percorso”
Il PM entra in modalità Sherlock Holmes alla ricerca di indizi, prove concrete inconfutabili che possano lasciare presagire un buon grado di interesse da parte del candidato rispetto all’opportunità che gli stai proponendo.

Terminata questa fase di indagine, arriva il momento clou: le domande del candidato.

Scusi, è previsto lo smart working?
Avete la flessibilità oraria per caso?
Esiste un piano di welfare?
Retribuzione?
Prospettive di crescita chiare?

Infatti oggi regna sovrano  un interesse orientato al Work-Life Balance.
Il nome dell’azienda, la storia, il fatturato, sono elementi importanti certo, ma  ad oggi sembrano passare quasi in secondo piano rispetto ad un maggiore focus sull’equilibrio tra vita personale e lavorativa. Nel 2022 non si sceglie più solo l’azienda conosciuta e rinomata, oggi vince la miglior offerta sul mercato.
E qua viene il bello.
Vai tu a spiegare all’azienda cliente, che fino all’altro ieri  aveva la fila di candidature di 1km che se non implementano lo smart working l’unica figura IT che troveranno avrà come background formativo il patentino ECDL.
La velocità del mercato nel 2022 è tale che navigare a vista è l’unica certezza di ogni professionista.
Chi si occupa di selezione e consulenza, ancora più degli altri, dovrà cambiare modalità: non si potrà più assecondare ogni richiesta a priori, ma si vedrà sempre più  necessario guidare il cliente e portarlo a percepire il mercato per quello che è.
Per concludere, ripensando al colore del Recruiter 2022, penso che sicuramente sia il verde…come la speranza che la miglior offerta al candidato che ho di fronte ora, sia proprio la mia.

Responsabile amministrazione e controllo di gestione

Durante un percorso selettivo incontriamo molti professionisti interessanti, ma solo uno di loro viene inserito dalla nostra azienda cliente, che orienta la propria scelta anche sulla base di elementi specifici del proprio contesto organizzativo. Gli altri candidati, che sono stati valutati positivamente dai consulenti di SCR sia dal punto di vista professionale sia psicoattitudinale, rimangono aperti a nuove opportunità lavorative, in cerca del contesto aziendale che più corrisponde al loro profilo e alle loro aspettative.
Leggi anche il Miglior Profilo di una Sustainability Manager
È il caso della candidata che vi presentiamo oggi, che abbiamo avuto il piacere di conoscere in occasione di un percorso selettivo per una figura di Responsabile Amministrazione e cdg per una realtà romagnola e che ci ha colpito non solo per la professionalità ma anche per l’approccio “imprenditoriale” al lavoro.
Ecco il suo profilo.
Responsabile Amministrazione e Controllo di Gestione, tra ottimizzazione e approccio imprenditoriale
Laureata in Economia Aziendale, la candidata è stata imprenditrice per 11 anni, durante i quali ha potuto toccare con mano le responsabilità che un ruolo imprenditoriale comporta e ha assunto quel punto di vista. Dopo una lunga esperienza in una società di trasporti in qualità di Responsabile Amministrativo, inizia a cercare una situazione di maggiore stabilità, maturando altre esperienze sempre nella gestione degli aspetti amministrativi in realtà del settore abbigliamento e dell’hospice. Nel 2018 entra nella società di logistica bolognese in cui lavora ancora oggi in qualità di Team Manager dell’ufficio amministrativo, coordinando 6 persone. Nelle sue esperienze, ha maturato una forte competenza nella gestione degli aspetti amministrativi e di controllo di gestione e ha utilizzato diversi gestionali, come Zucchetti, Team System, AS400.

Dal punto di vista personale, segnaliamo la professionista per l’ottima capacità di assumersi le responsabilità e di guardare alle dinamiche amministrative di impresa come al fondamento, all’ossatura che sorregge decisioni e strategie. Mostra grande disponibilità per il lavoro e riesce a vedere l’impresa con gli occhi dell’imprenditore.
Ciò che la caratterizza è anche l’attenzione all’ottimizzazione e al risparmio, è amante della “pulizia” intesa come ricerca di migliore efficienza e correzione dello spreco.
Impaziente ma al tempo stesso riflessiva, trasmette sicurezza tecnica, certezza delle sue competenze che dimostra attraverso la necessità di ben fare.
Ciò che sta cercando è un ruolo dove possa essere un punto di riferimento, nel quale possa fornire consigli e rappresentare una spalla importante anche per l’imprenditore, con cui instaurare un positivo rapporto professionale. Un contesto insomma che valorizzi la sua professionalità e il suo approccio “imprenditoriale” al lavoro.
 
Vorresti conoscere questa professionista?
Scrivici a info@scrconsulenza.it e ti metteremo in contatto con lei.

 
 

Sustainability Manager

Il nostro lavoro di consulenti e selezionatori ci porta a conoscere molti professionisti interessanti; ne approfondiamo le esperienze, le aspettative e le motivazioni che li spingono a cercare nuove sfide professionali e contesti di lavoro. Per molti è possibile trovare, tra le opportunità di lavoro che gestiamo e proponiamo loro, il giusto match tra le loro competenze e le esigenze dell’azienda, per altri invece la ricerca necessita di più tempo, durante il quale rimangono aperti a valutare nuove opportunità lavorative.
Quello che accomuna questi professionisti è comunque un livello elevato di competenze tecniche e trasversali e il fatto che ci abbiano positivamente colpito, durante il nostro incontro – che sia durante un percorso selettivo o in un colloquio conoscitivo – per la loro capacità manageriali, per la rilevanza nazionale e internazionale dei progetti che hanno gestito o per i risultati che sono riusciti a portare durante il loro percorso professionale.
Proprio per valorizzare questi Manager e supportarli nella loro ricerca, nasce la storica rubrica di SCR “I Migliori Profili“, che riportiamo sul nostro Magazine in una veste rinnovata. In queste pagine, vi presenteremo professionisti di alto livello e Top Manager, raccontandovi il loro percorso professionale, i loro punti di forza principali e i traguardi che hanno raggiunto durante la loro carriera.
Se sei un’azienda e vuoi conoscere uno dei protagonisti dei nostri Migliori Profili,
scrivici a info@scrconsulenza.it. Saremo felici di metterti in contatto con il professionista.
Apriamo questa nuova rubrica con il Miglior Profilo di una Sustainability Manager, che ha gestito particolari e complessi progetti di innovazione in ambito nazionale e internazionale.
Sustainability Manager: un’esperta di progetti di innovazione e sostenibilità
Abbiamo avuto il piacere di incontrare questa professionista durante un colloquio conoscitivo. Laureata in Scienze Politiche ad indirizzo Internazionale, inizialmente segue un percorso di crescita che  la porta, per i primi 10 anni della sua carriera, a lavorare nel ruolo di tutor/formatrice per progetti di realtà innovative e start up.
A seguire va a ricoprire il ruolo di Project Manager per un progetto finanziato dalla regione Emilia- Romagna, che ha l’obiettivo di fornire borse di studio a giovani con idee imprenditoriali innovative. In questi 12 anni di carriera, arriva a gestire fino a 500 progetti, sia dal punto di vista del coordinamento risorse, sia per quanto riguarda la gestione delle tempistiche e del budget, inoltre si interfaccia con tutte le risorse inerenti al progetto (dal personale operativo alle figure di riferimento).

In contemporanea a questa esperienza, inizia a collaborare con un’agenzia di innovazione e sviluppo, dove occupa sempre il ruolo da PM, una posizione in questo caso molto operativa in quanto prevede l’affiancamento step by step di un progetto per una start up inerente al trasferimento tecnologico (Passaggio dalla ricerca e sviluppo all’operatività). Professionalmente parlando è la figura che si occupa di presentare in ogni fase di progetto le risorse utili al fine realizzativo dell’idea (es. marketing, notaio, avvocato ecc.). Questa esperienza la porta a lavorare su progetti di carattere nazionale ed anche internazionale.
Successivamente, comincia a seguire un nuovo progetto, nato da un partenariato Europeo; lo scopo è quello di promuovere l’innovazione, partendo dalla creazione di start up innovative fino ad arrivare alla promozione di formazioni specifiche per l’attuazione delle stesse. L’evoluzione di questo progetto porta ad una declinazione sul macro tema della sostenibilità sia in ambito pubblico che privato.
Rispetto a questa nuova declinazione le viene proposto un ruolo importante, nella Direzione. In questa posizione si occupa principalmente di gestire i fondi, coordinare oltre dieci risorse in maniera diretta, definire e gestire il budget dei progetti.
Riassumendo, nel corso della sua esperienza questa professionista ha ottenuto una forte competenza nell’ambito del Project Management, seguendo progetti complessi sia in chiave nazionale sia internazionale. La specificità del settore start up, innovazione e sostenibilità, ha reso necessario lo sviluppo di competenze specifiche con professionisti di diversi ruoli e funzioni e inoltre le ha permesso di acquisire una competenza molto approfondita in merito alla gestione dei fondi Europei.

Da un punto di vista personale, la professionista ha maturato una buona capacità di problem solving e flessibilità, dal momento che ha seguito lo sviluppo, spesso in contemporanea, di progetti di natura complessa. Il suo percorso l’ha portata a ricoprire un ruolo di rilievo internazionale, un importante riconoscimento in termini di carriera anche dal punto di vista di coordinamento e gestione di risorse, tempi e budget.
Ad oggi è interessata ad inserirsi in contesti dal carattere innovativo ed internazionale, dove poter mettere a frutto la sua professionalità e le competenze acquisite. Le piacerebbe trovare un contesto dove abbia la possibilità di intraprendere un ruolo che consenta un giusto mix fra operatività e aspetti gestionali.
 
Vorresti conoscere questa professionista?
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Diario di un Recruiter [Puntata 16]

È un caldo pomeriggio d’estate e tutto il team di SCR, salvagente indossato e pagaie alla mano, si appresta a calare in acqua le canoe ed iniziare la sua esplorazione.
Un po’ troppo avventuroso, dite?
Eppure è proprio quello che è successo non più di qualche settimana fa, quando abbiamo fatto il nostro ultimo Team Building. Ma andiamo con ordine.
Il Team Building è un insieme di attività formative, spesso svolte al di fuori del contesto aziendale, che hanno l’obiettivo di ottenere maggior coesione e collaborazione all’interno dei team di lavoro.
Nato da un’idea spontanea – di quelle che nascono di fronte alla macchinetta del caffè – questo team building è stato desiderato fortemente dalla squadra di SCR, che ha organizzato ogni dettaglio dell’esperienza, luogo, ora, attività, responsabilità. Questa esperienza è stata così voluta poichè nell’ultimo difficile e complesso anno il gruppo ha subito una metamorfosi: dopo alcune uscite e numerosi nuovi ingressi, era necessario compattare la nuova struttura organizzativa con un’esperienza diversa che esulasse dall’ambito lavorativo, ma allo stesso tempo suggestiva. Il team di SCR ha così definito come obiettivo quello di navigare in canoa doppia nella Pialassa della Baiona. Per chi non la conoscesse è una zona suggestiva, alla periferia di Ravenna, che fa parte del Parco regionale del Delta del Po dal 1988, caratterizzata da bacini d’acqua aperti, canali artificiali, fenicotteri e salicornia (gli asparagi di mare, per intenderci). Quest’area deve il suo nome “Pialassa” all’unione dei termini “piglia” e “lascia”, poiché al suo interno, di fatto, si crea un dinamico sistema di scambio dell’acqua marina, che ha messo a dura prova il nostro team.
 Non sarebbe però un team building se non ci fossero…dei team. La formazione delle coppie è stata affidata al caso, per cui alcune coppie godevano di una buona conoscenza, altre, per forza di cose, collaboravano solo da pochi mesi, altre ancora erano formate da figure molto junior e figure più senior. Io, ad esempio, ero in coppia con la mia responsabile e vi lascio solo immaginare il timore di farla cadere in acqua, o darle per sbaglio una “pagaiata” in testa.
Lavorando in team l’unione e la cooperazione sono molto importanti proprio come quando ci si trova in canoa insieme.
Per non finire in acqua è necessario coordinare i movimenti e fidarsi del proprio partner e della guida. Durante l’escursione ci siamo tutti affidati, responsabili e titolari compresi, ad una giovane ed intraprendente nuova recluta del gruppo, ribaltando la gerarchia (e per fortuna solo quella, non la canoa).
In Pialassa abbiamo visto delle coppie in difficoltà nel raggiungere l’obiettivo (terminare l’esplorazione della zona e tornare al capanno da pesca), un po’ per il vento fortissimo, un po’ per la corrente che ci spingeva verso gli argini, un po’ per l’inesperienza di alcuni. Questo ci ha permesso non solo di metterci alla prova in un ambiente diverso, ma anche di riproporre in un altro contesto una strategia che spesso si è rivelata utile nei processi selettivi di SCR: coppie più “agili a pagaiare” sono tornate indietro e si sono mischiate con le altre coppie incagliate. È stato necessario tornare indietro, buttarsi con tutte le scarpe in una situazione scomoda, e ripartire, contro vento e contro corrente, sapendo di dover fare affidamento sul nuovo partner di canoa, nonostante non fosse quello di partenza, sincronizzandosi quindi con un nuovo ritmo, con un nuovo modus operandi, con il vento ghiacciato contro che ha reso meno piacevole l’essersi bagnati per salvare i naufraghi.
Lavorare spesso con persone diverse permette di confrontarsi con più punti di vista, trovare insieme delle strategie e impararne di nuove.
L’apertura mentale e la flessibilità sono punti chiave delle persone che lavorano in SCR e questo team building ce l’ha confermato ancora una volta, spingendoci ad applicare queste competenze in un ambiente del tutto diverso e inusuale.
Tuttavia la turnazione dei team di lavoro richiede adattabilità, in canoa come in ufficio. Ogni collega ha un ritmo diverso nel pagaiare così come un metodo differente di screening, alcuni prediligono fogli volanti, altri sono nativi digitali, qualcuno è più ferrato in ambito amministrativo e qualcun altro predilige la meccanica di precisione. Inoltre, può capitare che condizioni avverse – un forte vento o un processo di lavoro particolarmente difficoltoso – portino una squadra ad “incagliarsi”, proprio come una canoa in balia della corrente e del vento avverso che finisce incastrata sugli argini della Pialassa.
Quindi come si risolve la situazione?
Interviene qualcuno esterno al gruppo, con un parere, con una spinta, o operando una sostituzione, per riallineare correttamente il processo di lavoro così come  la punta della canoa contro le onde, dando nuova energia alla squadra e, alla fine, riuscendo a superare quella forte corrente contraria o quel dato momento difficile nell’ambito lavorativo.
Ci sono stati svariati momenti memorabili e soprattutto divertenti, che ci hanno dato modo di rivestire i colleghi con aggettivi che difficilmente emergono nel contesto lavorativo. Alcuni sono stati coraggiosi, altri si sono lanciati in esperienze che non avrebbero affrontato se non spinti dalla condizione di Team Building, altri si sono messi alla prova con stile, altri ancora si sono dimostrati ottimi foto reporter e video maker. Alcuni hanno motivato il gruppo facendo sentire la propria voce ed altri lo hanno guidato attraverso i canali, facendoci scoprire un paesaggio meraviglioso in compagnia dei fenicotteri e di un panorama mozzafiato.
Una volta tornati sulla terra ferma il cielo si è colorato di tonalità dal rosso al viola, sature, merlate da nuvole e con le barche dei pescatori a fare da cornice per una serata diversa.

Personalmente, da novizia, vivere un’esperienza del genere dopo solo un mese e mezzo in SCR mi ha dato la possibilità di sciogliermi, di conoscere meglio dal punto di vista umano le persone con le quali trascorro intere giornate in ufficio e spero di aver trasmesso qualcosa di me di diverso. Sicuramente sono grata a tutti per l’esperienza, che da “trapiantata al nord” mi ha fatto sentire a casa.
 
Ti piacerebbe organizzare un’esperienza simile nella tua azienda?
Chiedici informazioni sui nostri Team Building.
 
 

Diario di un Recruiter [Puntata 15]

Fin da quando sono entrata in SCR ho avuto la possibilità di essere conosciuta e sentirmi riconosciuta e valorizzata nelle caratteristiche che mi contraddistinguono. Ben presto mi è stata data l’opportunità di portare tutto quello che sono, che ho studiato e che traggo dalla mia esperienza quotidiana sul campo, su quello che mi piace definire “un palcoscenico”, all’interno di aule formative in contesti aziendali. Forse perché in me la voglia di “Insegnare” c’è sempre stata. Per cui, a 27 anni, mi sono ritrovata di fronte alla richiesta di affiancare i miei responsabili nella conduzione di docenze in azienda, e dopo alcuni, di condurle in completa autonomia.
Ebbene lì è iniziata una gran fifa, perché si sa, più ti esponi, più hai il rischio di sbagliare, soprattutto quando in aula hai manager del doppio della tua età anagrafica e della tua anzianità lavorativa.
Eppure, allo stesso tempo, la scarica di adrenalina e il senso di autoefficacia conseguente a quelle esperienze sono stati come una scintilla, un’energia che scorre dentro e ti accende e ti fa comprendere che forse sei più di quel che credevi.
A distanza di due anni dalla prima volta che misi piede in un’aula aziendale come formatore ho imparato tantissime cose. Qualche settimana fa ho tenuto una formazione in cui erano coinvolti imprenditori e persone operanti nelle risorse umane. Devo ammettere che quel poco d’ansia iniziale è passato appena ho iniziato a salutare una ad una le persone che entravano in aula (anche se virtuale) e il sentimento predominante dell’intero percorso fatto insieme è stato “divertimento”.

Ho deciso di iniziare proiettando il video di un comico che affrontava la tematica in oggetto con una vena fortemente ironica e da lì le persone si sono immediatamente sciolte, si sono sentite libere di esprimersi e condividere le proprie riflessioni e anche le risate suscitate. Per cui la conduzione della formazione ha proseguito in discesa, con numerosi interventi e grande attivazione dei partecipanti in un clima leggero e di positività contagiosa, che ha facilitato la comprensione dei contenuti senza annoiare. Durante la formazione ho cercato di narrare l’argomento attraverso poche definizioni standard, tantissimi esempi e racconti di vissuti ed esperienze di altri e con un continuo interagire con i partecipanti, chiedendo spesso a loro di anticiparmi con i loro punti di vista.
 Vivere le aule formative da partecipante e da docente mi ha insegnato tantissimo.
Una delle cose che più mi sono rimaste da una formazione in cui ho partecipato come uditore è quanto interferisca il rumore interno ed esterno di un ascoltatore rispetto alla detenzione delle informazioni udite in memoria. Dal 100% del messaggio di partenza, il residuo nell’ascoltatore è attorno al 10%. Per cui sulla base di questi dati, tendo a focalizzare pochi concetti che voglio che permangano nella memoria dei miei partecipanti e faccio ruotare l’intera formazione attorno a quelli, supportandoli con esperienze multisensoriali e multi-emozionali.
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Non solo contenuti formativi: l’importanza di portare se stessi
Prima di salire sul “palcoscenico” ogni volta passo ore in backstage a lavorare sulle modalità di trasmissione dei contenuti, sugli esempi mirati in modo da far calzare al meglio a quella specifica aula di partecipanti il senso e il significato di quello di cui parlerò e permetter loro di rivedersi ed immaginarsi nelle situazioni che racconto.
Ma, per quanto la preparazione sia fondamentale, non è solo una questione di tecnica.
Quando entro in aula, sento che oltre a portare contenuti, definizioni e significati, in primis porto me stessa, la mia capacità di leggere nei partecipanti, di instaurare una relazione con loro che favorisca l’acquisizione di informazioni e l’attivazione come protagonisti direttamente coinvolti.
In questo modo i partecipanti si sentono coinvolti nel flusso di tematiche, discussioni, casi studio ed esperienze personali e riescono a mettersi in gioco facendo cadere le barriere relazionali date dal proprio specifico ruolo, annullando persino, in un certo senso, i gap funzionali legati alla posizione gerarchica che hanno nell’organizzazione.

Dover fare formazione online per me è un po’ limitante in quest’ottica di pensiero e di approccio con la formazione, perché le barriere della distanza fisica rendono il tutto più complesso e meno naturale. Il mio modo di portare me stessa allora si è adattato ad una nuova modalità di trasmissione: lavoro tanto sulle slide, aggiungendo immagini, video, fumetti e elementi che riconducono a ciò che sono, alla mia storia e al mio modo di percepire la vita e muovermi nelle esperienze quotidiane. In più cerco di inventare nuove modalità di interazione con i partecipanti non predefinite ma creative e sempre diverse.
Approfondisci il tema della formazione a distanza rivedendo l’intervista a Giada e Antonia
A volte mi dicono: “Ma come fai a formare persone così più grandi e esperte di te?”
La mia risposta è che per imparare qualcosa di nuovo si parte da un assunto socratico “So di non sapere”.
Personalmente ritengo che ognuno di noi sia in una condizione, a qualsiasi età e a qualsiasi livello di carriera, di non sapere ancora tante cose. In più, potersi ritrovare di fronte ad un formatore così poco anziano (quindi così poco saggio e detentore di sapere assoluto), mette i partecipanti nella condizione di non sentirsi giudicati da un occhio superiore, di sentirsi liberi di esprimersi pienamente e lasciarsi andare con molta più facilità, in un contesto in cui se chi conduce è giovane e divertente, le modalità di attivazione saranno libere e più spontanee. E penso che queste siano le prerogative per apprendere al meglio, il terreno fertile dove favorire la fioritura di nuove idee e nuove modalità di approcciarsi alle cose.

Diario di un Recruiter [Puntata 14]

Mi alzo al mattino e dopo i primi 5 minuti di intontimento e rallentamento motorio associato alla fisiologica lenta attivazione di tutte le mie facoltà fisiche e mentali ecco che si parte alla solita corsa, al tran tran quotidiano del mio cervello sempre così indaffarato e desideroso di pensare a 27 cose contemporaneamente, il 50% delle quali riguardano probabilmente il futuro. Siamo continuamente portati a pensare a quello che accadrà, domani, tra qualche mese, tra qualche anno, a cavalcare e addirittura anticipare il cambiamento di questo mondo che va veloce, perché se resti indietro sei finito.
Questo è quello che noi stessi e il mondo che ci circonda si aspettano, correre in avanti. Poi, improvvisamente, nel 2020, tutto irrimediabilmente si ferma, in un silenzio sempre più assordante che la nostra mente non è capace di accettare, che nega e boicotta. E per questo motivo lei stessa cerca di spingerci a riprendere il quotidiano movimento, la continua corsa verso quel futuro con l’illusione di poterlo controllare, e fallisce.
Così percepiamo la stessa frustrazione di un auto con il motore acceso e l’acceleratore schiacciato ma priva di ruote. Beata l’auto però, che la coscienza non ce l’ha.
In questo immobilismo generalizzato dove finiscono la nostra self efficacy, il nostro locus of control interno di cui ci siamo tanto vantati nel nostro CV e nelle interviste per le assunzioni alle posizioni lavorative tanto ambite? Da buon recruiter quale spero di essere, provo a dire a me stessa di concentrarmi su semplici obiettivi raggiungibili in questo periodo, procedendo a piccoli passi in questa incertezza, cercando i migliori candidati e presentando le più belle longlist di sempre alle aziende clienti, nonostante tutto. Ma quell’incertezza irrompe con prepotenza, quando il candidato finalista ti dice che ci ha ripensato, che in questo momento forse è meglio non vivere un cambiamento così grosso come quello di un nuovo lavoro, o ancor peggio quando un’azienda interrompe la ricerca perché hanno deciso che dato il periodo forse è meglio cercare di tamponare all’esigenza di una nuova risorsa con job rotation interne. Ed è così facile, in tutta questa incertezza vedere la tua motivazione sfiorire e lasciarti tentare dall’idea che tanto, tutto quello che fai ha un peso troppo poco rilevante dinanzi all’influenza enorme che ha questo nuovo virus.  Sì, questo è il rischio in cui incorriamo quando siamo abituati a correre dietro al futuro con la presunzione acquisita di poterlo controllare.

Ma pensandoci un attimo, siamo così sicuri che controllare il futuro è quello che ci serve e quello che ci rende felici? Chi mi conosce sa bene quanto sia utile e rassicurante pianificare e sono certamente convinta che avere obiettivi nella vita è fondamentale. Ma credo che attribuiamo davvero troppa importanza a ciò che sarà rispetto a ciò che stiamo vivendo nel momento stesso in cui accade. Imparare a vivere il presente nel presente potrebbe essere invece la risposta al disagio che da un anno a questa parte viviamo e che sembra così difficile da superare, perché diciamoci la verità, la situazione non cambierà nel 2021 con uno schiocco di dita e lo sappiamo.
Natale è ormai alle porte e agli sgoccioli di questo anno forzatamente rallentato ho deciso di farmi un regalo, un presente come dicono gli inglesi, cercando di portare dentro di me ciò che sembra quasi ci è stato imposto: imparare a vivere il presente.
Una citazione dice “ieri è storia, domani è mistero, oggi è un dono, per questo si chiama presente.”
Ho deciso di allenare la mia mente a fermarsi e vivere il presente per quello che è, senza rincorrere il futuro e senza lasciarsi condizionare dal passato. Questa palestra mentale può portare interessanti giovamenti oggi e domani. Non ce ne accorgiamo ma stando con la mente continuamente verso il futuro, lasciandoci assorbire da ciò che per noi è ancora fondamentalmente un mistero, come dice la citazione e occupandoci per buona parte del restante tempo delle cose fatte in passato, rimuginando su errori, su “cosa avremmo potuto fare per…” finiamo per allenarci ad essere stressati, agitati, insoddisfatti, stanchi. Siamo geneticamente programmati a rispondere agli eventi con due modalità, attacco o fuga, e non sappiamo dunque spontaneamente come fermarci nel presente e viverlo a pieno.
Da oltre cinque mila anni gli esperti chiamano meditazione ciò che non è altro che l’opposto dell’allenamento a vagare con la mente che pratichiamo quotidianamente, il focus, l’attenzione al qui ed ora. Grazie alla plasticità neuronale (alla capacità del nostro cervello di modificarsi strutturalmente in funzione alle esperienze che viviamo e ai comportamenti che attuiamo) è possibile potenziare la nostra mente concretamente verso il focus, riducendo quel continuo suo tipico correre in avanti e affaticarsi tra i meandri dell’incertezza del futuro e dei rimpianti del passato. Per questo ho deciso di iniziare a praticare mindfullness, cercando ancora una volta di trarre da questo grande ostacolo qual è la pandemia un’opportunità per rinnovarmi.

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